Corte di Giustizia, I Sezione, sentenza 2 luglio 2020, causa C-231/19
La Corte di Giustizia, con sentenza resa dalla Prima Sezione, 2 luglio 2020, in causa C-231/19, si è pronunciata in merito al regime IVA delle prestazioni di servizi forniti da (o mediante) una piattaforma informatica da un soggetto residente extra – UE ad un soggetto passivo comunitario che gestisce fondi comuni di investimento e (prevalentemente) altri fondi. La piattaforma informatica consente, in pratica, la gestione di fondi comuni di investimento e di altri fondi. I giudici comunitari, tenuto conto della natura unitaria della prestazione dei servizi resi dal soggetto non residente, ha ritenuto – confermando il percorso interpretativo sviluppato nelle proprie Conclusioni dall’Avvocato generale – che tali servizi non possano essere considerati esenti ai fini IVA, in quanto forniti indifferentemente per la gestione di fondi comuni di investimento (rientranti nell’ambito dell’esenzione espressamente prevista dall’art. 135, § 1, lett. g) della Direttiva 2006/112/UE) e di altri fondi. In tale contesto, infatti, poiché una prestazione unitaria deve ricevere un trattamento IVA uniforme, a prescindere dall’utilizzo della medesima da parte del committente, e tenuto conto della ratio dell’esenzione di cui alla suddetta disposizione della Direttiva, fondata unicamente sulla natura di gestione di fondi comuni di investimento, l’operazione deve essere qualificata come rilevante ai fini IVA (imponibile), pur se assolta mediante inversione contabile. La sentenza presenta numerosi profili di interesse, sia per l’opportunità data di ripercorrere la giurisprudenza comunitaria in materia di prestazione unitaria, rispetto a prestazione principale/accessoria, nel prisma del principio di neutralità, sia per quanto attiene la necessità, sollecitata dall’Avvocato generale, di riflettere circa le caratteristiche che deve possedere una prestazione di servizi resa mediante piattaforma informatica per essere considerata una “gestione di fondo comune di investimento” e, pertanto, esente ai fini IVA. Quest’ultimo tema, peraltro, non è stato approfondito dalla Corte, tenuto conto della formulazione della questione pregiudiziale da parte del giudice nazionale. L’interrogativo resta per l’interprete sin da ora, e potrà forse essere oggetto di riflessione in futuro da parte della Corte di Giustizia, qualora la questione pregiudiziale venga formulata in maniera diversa da parte di un giudice nazionale. La sentenza, infine, in base ad una lettura sistematica, consente di apprezzare quanto sia potenzialmente ampia l’area della “obiettiva incertezza” in materia di prestazioni di servizi nell’ambito dell’era digitale ed informatica, e – pertanto – come debba essere valutata con attenzione, da parte delle Amministrazioni finanziarie degli Stati membri, un ampio ricorso alla disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie, tenuto conto del contesto di difficile ed incerta applicazione, e di carenza della disciplina normativa. Si tratta, d’altra parte, di un immediato riflesso dei principi fondamentali (anche di rango comunitario) di tutela dei diritti del contribuente.